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Bond, scenari d’estate. Seconda parte OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

I Bot a sei e a 12 mesi non riescono più a tenere il passo con l’inflazione. Anche l’alternativa dei corporate bond appare spuntata. Cosa resta? i vecchi Btp sono, insieme ai Bonos iberici, l’unica categoria che offre rendimenti di un qualche interesse all’interno dell’eurozona. Ma solo per le scadenze prolungate. E, secondo molti fund manager, i bond in valuta potrebbero offrire a breve e medio termine buone soddisfazioni. A patto che si sia disposti a rischiare una sempre possibile perdita in conto capitale

Bond, scenari d’estate. Seconda parte

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Rendimenti ai minimi, risparmiatori disorientati. I risultati delle aste dei titoli pubblici di alcuni paesi europei – Italia, Germania, Francia, Belgio – di questi ultimi giorni confermano la tendenza che tutti gli investitori conoscono: la gelata dei rendimenti dei titoli di Stato. Il Bund tedesco ha raggiunto a fine luglio il livello minimo assoluto della sua storia e il decennale emesso da Berlino offre un interesse modestissimo dell’1,12% lordo. Ecco in dettaglio cosa si prevede possa succedere per i titoli di stato, le emissioni societarie e i bond in valuta.

I titoli di Stato
Partiamo dai vecchi Btp. Sono forse rimasti, insieme ai Bonos iberici, l’unica categoria di titoli che offre rendimenti di un qualche interesse all’interno dell’eurozona, ma solamente per le scadenze prolungate. Le emissioni a brevissimo termine, infatti, i Bot a sei e a 12 mesi, non riescono più a tenere il passo con l’inflazione.

Lo 0,3% lordo dei Bot a 12 mesi e lo 0,23% di quelli a sei non basta per coprire l’erosione del costo della vita. I gestori di portafoglio continuano invece a manifestare interesse per le emissioni a più lunga scadenza. Ad esempio i Btp a 7 anni il cui rendimento lordo (tassato al 12,5%) è a circa l’1,9% e i decennali, che come abbiamo visto sono al 2,6%.

Se lo spread rispetto al Bund tedesco dovesse ridursi dagli attali 150 punti verso una soglio di 100 ci potrebbe essere spazio per qualche ulteriore guadagno in conto capitale. Ci sono poi le emissioni a lunghissimo termine, il Btp a 15 anni offre il 3,3% lordo e il trentennale circa il 4%. Ma in questi casi il valore capitale del titolo è ancora più a rischio nel momento in cui i rendimenti riprenderanno a salire. Secondo i gestori, i privati farebbero meglio a non avventurarsi oltre la scadenza dei 10 anni.

Le emissioni societarie

Anche l’alternativa dei corporate bond appare spuntata. Tanto per cominciare dal primo di luglio del 2014 gli interessi su queste emissioni vengono tassati al 26%, aliquota più che doppia rispetto a quella delle emissioni governative, ferma al 12,5%. Di conseguenza a parità di tasso lordo i rendimenti netti delle emissioni societarie saranno sempre inferiori. In molti casi, visto che il rating delle aziende emittenti spesso è superiore a quello dello Stato i rendimenti lordi sono addirittura inferiori rispetto ai titoli governativi.

Può avere senso detenere obbligazioni societarie in portafoglio soprattutto in un’ottica di diversificazione. Un esempio di questo tipo è il bond di Enel (codice Isin XSO177089298) con scadenza settembre 2029 quotato a 123,9 che offre un rendimento lordo del 2,2%, inferiore di mezzo punto percentuale rispetto al Btp a dieci anni. ---- Fa meglio del titolo di Stato corrispondente l’obbligazione di Telecom Italia (codice Isin XSO161100515) con scadenza gennaio 2033. In questo caso il rendimento lordo supera di oltre un punto percentuale quello del Btp di pari durata, ma al netto dell’imposta del 26% il guadagno aggiuntivo diventa minimo. Senza contare il rischio dovuto alla lunga durata del titolo.

I bond in valuta
Secondo molti fund manager è questa la categoria di emissioni che potrebbe offrire a breve e medio termine le migliori soddisfazioni agli investitori disposti a tollerare il rischio di una sempre possibile perdita in conto capitale dovuta alle variazioni del tasso di cambio. L’euro in questo momento appare ancora molto forte sia rispetto al dollaro che a tutte le principali divise internazionali.

Ma rispetto ai livello di 1,38-1,39 contro dollaro di inizio anno ha già perduto circa il 2% del suo valore e a fine luglio staziona intorno a quota 1,33-1,34. Gli economisti prevedono che il cambio della divisa europea possa deprezzarsi ulteriormente sia contro dollaro che contro le principali valute internazionali perché la politica dei tassi bassi della Bce continuerà a lungo. E anche perché i tassi di interesse di altre aree del mondo (Usa e Gran Bretagna in testa) aumenteranno. Il target più probabile entro fine anno del cambio dollaro/euro è di 1,30 secondo le principali banche d’affari internazionali.

Inoltre i rendimenti delle emissioni di alcuni paesi, soprattutto nell’area degli emergenti sono decisamente più alti che nell’eurozona e raggiungono facilmente il 4-5% per scadenze a cinque anni (non troppo rischiose). Per non aumentare troppo l’incertezza i gestori suggeriscono anche di puntare sulle emissioni in valuta locale di organizzazioni finanziarie internazionali con rating tripla A, ad esempio la B.E.I., l’International Finance Corporation (Banca Mondiale), la B.E.R.S.

Alcuni esempi
Tra i paesi sviluppati le emissioni a 5 anni in sterline e in dollari Usa hanno fatto registrare un guadagno del 5,5% e 3% rispettivamente da inizio anno in termini valutari. E se l’euro si indebolirà ancora altre performance valutarie potrebbero arrivare. Il bond B.E.I. in sterline con scadenza febbraio 2019 (Codice Isin XSO881488430) offre un rendimento a cinque anni di circa il 2%.

Sempre tra le economie sviluppate i titoli australiani (+8% la rivalutazione del cambio del dollaro australiano contro euro da inizio anno) a cinque anni offrono il 3,1% (ad esempio l’emissione B.E.I. con scadenza luglio 2019, codice Isin AU0000IFXHM5).

Ma le cedole più ghiotte appartengono alle emissioni in valuta dei paesi emergenti . Ad esempio l’emissione in lira turca della B.E.I. (rating tripla A, codice Isin XSO995130712) che sulla scadenza a cinque anni paga una cedola del 7,7% (il rialzo della lira turca su euro è stato di oltre il 5% da inizio anno).

Da notare che i tagli minimi di questa tipologia di obbligazioni oscillano in genere intorno ai mille, 2000 euro, e di conseguenza il rischio si presta ad essere frazionato.

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