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SOMMARIO

Nei primi 3 mesi del 2018 sono state lanciate 24 campagne di equity crowdfuding per un totale di 5,9 milioni di euro raccolti. Nello stesso periodo le due piattaforme di lending crowdfuding, BorsadelCredito.it e Lendix, hanno erogato 12,6 milioni di nuovi prestiti. Mentre la “nuova frontiera”, l’invoice trading, ha toccato 90 milioni di euro nel 2017, importo otto volte superiore rispetto al dato dell’anno precedente. Ecco le soluzioni alternative al credito bancario con cui le Pmi possono ottenere finanziamenti

Fare a meno della banca: le Pmi ci provano con l’equity, il lending e l’invoice trading

È sempre più alto, in Italia, il numero di progetti imprenditoriali che si concludono positivamente grazie al crowdfunding, quindi al sostegno dei cosiddetti “finanziamenti” dal basso. L’imprenditore che non riesce ad accedere al credito bancario, che impone regole e requisiti sempre più stringenti, si affida a piattaforme di equity (dove gli investitori ottengono parte delle azioni della società finanziata) o di lending crowdfunding (prestiti P2B con interessi più alti ma tempi più veloci) che sempre più spesso si presentano, anche sulla stampa nazionale con massicce campagne di comunicazione, come valide e migliori alternative alle banche tradizionali. E sta avendo solto successo anche una terza forma di crowdfunding, denominato invoice trading, che consente di ottenere online, in tempi brevi, l’anticipo delle fatture.

A queste tre soluzioni OF-Osservatorio finanziario dedica la seconda parte dello speciale sul crowdfunding, presente anche all’interno de La Bussola Pmi di maggio 2018, disponibile in abbonamento. Ecco, in dettaglio, come funzionano queste piattaforme.

Equity crowdfunding


In Italia nel 2017 l’equity crowdfuding ha raggiunto il boom con 50 campagne finanziate con successo, valore più alto registratosi dal 2014 ad oggi. I primi 3 mesi del 2018 sembrano essere andati ancora meglio, con già 24 campagne finanziate per un totale di 5,9 milioni di euro raccolti. Successo che si deve anche al regolamento Consob, al via il 3 gennaio 2018, che ha aperto anche a qualsiasi tipo di Pmi la possibilità di raccogliere fondi online, in precedenza prerogativa solo delle startup più innovative. Non si è ancora arrivati ai volumi consistenti dell’estero, ma anche in Italia l’equity crowdfunding si mostra sempre più come alternativa per gli investimenti nel campo del business.

È questa, infatti, la prima formula scelta dagli imprenditori per ottenere finanziamenti. Non più dai tradizionali istituti di credito, ma da utenti online che si rendono disponibili a versare parte delle somme per riuscire a raggiungere gli obiettivi prefissati. L’imprenditore, attraverso i portali di equity crowdfunding, infatti, lancia sul web la raccolta di finanziamento del progetto, fissando il traguardo monetario che intende raggiungere. Gli investitori come “contropartita” ricevono la qualifica di socio dell’azienda. In caso di successo dell’idea imprenditoriale, quindi, l’investitore ottiene dividendi e capital gain.

Sono 23 le piattaforme attualmente presenti nel registro autorizzato della Consob. Tra le più attive c’è MamaCrowd, ideata da SiamoSoci, società attiva nel matching tra investitori e start up partecipata da Azimut Holding. Dopo uno screening di MamaCrowd sulle imprese che propongono i loro progetti si attiva la vetrina online, in cui è possibile effettuare un investimento di qualsiasi importo (partendo dal minimo imposto da ciascuna campagna). Per ogni campagna viene fissata una quota minima, inferiore all’obiettivo totale. Se il risultato è positivo e la raccolta supera questa quota, l’importo viene incassato dalla start up o dalla piccola/media impresa; mentre se è negativo l’importo viene restituito agli investitori. Inoltre, è sempre necessario per il successo del progetto che a versare una somma sia anche un investitore professionale e qualificato (almeno il 5% dell’importo totale per una start up e il 3% per una Pmi). Rientrano in questa categoria banche, fondi comuni di investimento, Sim e incubatori.

Tra le campagne attive al momento c’è Fluida, nel campo del biotech, per lo sviluppo di un metodo innovativo per la diagnosi precoce dei tumori. La società ha una valutazione pre-money di 2 milioni di euro, si pone l’obiettivo di raccogliere 500.000 euro (quota minima di successo 150.000 euro) e chiede un investimento minimo di 500 euro. Mentre tra i casi di successo del passato c’è Graphene-XT, azienda specializzata in nanotecnologie che produce grafene, che ha ottenuto il 950% della raccolta, per un totale di quasi 760.000 euro e la partecipazione di 245 investitori. È ritenuta la campagna di maggior successo di sempre nell’equity crowdfunding italiano.

Un altro esempio di piattaforma molto attiva in Italia è CrowdFundMe. Una volta superato il test di appropriatezza, come richiesto da regolamento Consob, l’investitore analizzando i vari business plan sceglie il progetto in cui investire. Solitamente la quota minima è di 250 euro, mentre non è fissata una soglia massima.
Attualmente è attiva la campagna di Userbot, start up che ha sviluppato tecnologie proprietarie di Intelligenza Artificiale, per automatizzare ed ottimizzare le conversazioni fra aziende e consumatori. La valutazione pre-money è di 3 milioni di euro, è già stato raccolto il 199% di quanto richiesto (80.000 euro) e l’equity è al momento pari al 2,6%.

Lending crowdfunding


Diversamente da quanto previsto con l’equity crowdfunding, in cui l’investitore riceve quote dell’azienda, il lending crowdfunding, anche conosciuto come p2p lending, consente a privati o aziende di ottenere finanziamenti attraverso prestiti diretti da parte degli investitori, a tassi di interesse solitamente più alti rispetto a quelli degli istituti di credito, ma ovviamente con maggiore possibilità di ricevere dalla “folla” l’importo desiderato. A cui si aggiunge, come vantaggio, anche la velocità della valutazione della richiesta e l’ottenimento dei fondi. È proprio su questi benefici che si concentrano le piattaforme, anche con importanti campagne sulla stampa nazionale, per presentarsi come valide se non migliori alternative al tradizionale credito bancario.

Nello specifico, il segmento prestiti alle imprese, che include BorsadelCredito.it e Lendix, ha erogato, nei primi 3 mesi dei 2018, 12,6 milioni di nuovi prestiti, ovvero il 208% in più rispetto all’ultimo trimestre del 2017 e 4 volte il volume del primo.

Lendix è una piattaforma francese approdata nel nostro Paese nel 2017. Gli investitori privati possono versare da 20 a 2.000 euro in un singolo progetto. Una volta che la raccolta è terminata, ci vuole in media meno di una settimana, vengono effettuati i rimborsi mensili (comprensivi di interessi e capitale) sul conto Lendix dell’investitore. Le imprese possono richiedere da 30.000 a 3 milioni e mezzo di euro, con rimborsi da 3 a un massimo di 84 mesi. I tassi di interesse variano dal 2,50% al 9,90%.

La piattaforma consente di investire in qualsiasi progetto europeo (Italia, Francia, Spagna). Tra quelli italiani al momento attivi c’è Ariostea M.H.S, società bresciana che richiede 750.000 euro a 48 mesi per finanziare l’acquisto di un nuovo macchinario per la produzione di silos, con un tasso di interesse del 7,50%.

Lendix ha da poco ricevuto anche la copertura del Fondo di garanzia pubblico per i finanziamenti erogati alle Pmi italiane. Di conseguenza, le imprese possono ottenere condizioni di finanziamento più favorevoli. Le somme recuperate verranno ripartite egualmente tra tutti i prestatori privati e gli investitori istituzionali che hanno partecipato al finanziamento in misura proporzionale agli importi investiti.

BorsadelCredito.it, invece, è la prima start up italiana specializzata in questa tipologia di crowdfunding e a fine dicembre 2017 ha chiuso un nuovo round di finanziamenti che le ha consentito di raccogliere 1,6 milioni di euro. Si rivolge alle aziende di ogni settore e di ogni dimensione (fatti salvi i parametri minimi dei 12 mesi di vita e dei 50mila euro di fatturato). A prestare a queste aziende che si affidano alla piattaforma sono privati ma anche banche o altre società, con un rendimento medio del 5%. Nel mese di aprile 2018 sono stati erogati 2,5 milioni di euro di prestiti alle Pmi italiane.

Per valutare le imprese da finanziare la piattaforma ha ideato un modello di rating proprietario, che verifica lo stato di salute della società sulla base di parametri qualitativi e quantitativi. Senza limitarsi, come invece accade nelle banche, alla valutazione del business plan e delle voci di bilancio.

I progetti, però, non sono disponibili online per tutti gli utenti ma è necessario registrarsi fornendo i propri dati personali e il codice Iban del conto da cui investire.

Invoice trading

Una terza “nuova frontiera” del crowdfunding per le Pmi è quella dell’invoice trading, cioè la cessione di fatture commerciali attraverso una piattaforma specializzata, più conosciuta agli specialisti del settore che al grande pubblico dei “finanziamenti dal basso”. Nonostante questo, però, è anche la formula di maggiore successo in termini numerici: in un anno i portali sono passati da uno a cinque e la raccolta nel 2017 ha toccato i 90 milioni di euro, un importo otto volte superiore a quello dell’anno precedente. Un’altra rappresentazione, quindi, di come la stretta creditizia delle banche abbia portato le imprese a cercare soluzioni alternative per proseguire il loro business.

Ecco come funziona: l’azienda che necessita dell’anticipo di una fattura effettua una richiesta alla piattaforma, che la valuterà attribuendole un rating. Così la fattura viene pubblicata sulla piattaforma e l’acquisto da parte degli investitori può avvenire in 3 modalità diverse: con un’asta al rialzo, con un’offerta competitiva o con l’acquisto e cartolarizzazione da parte della stessa piattaforma.

Sono 6 le piattaforme attive al momento in Italia: CashInVoice, CashMe, Credimi, CrowdCity, Fifty e WorkInvoice.
CashMe, ad esempio, si basa su un’asta competitiva in cui gli investitori competono per offrire le proprie proposte di acquisto del credito. Alla chiusura, l’offerta più alta risulta quella vincente. Entro 2 giorni dalla chiusura dell’asta l’imprenditore incassa il 90% del valore nominale del credito, mentre il saldo restante sarà incassato nel momento in cui il cliente pagherà l’investitore. Il valore minimo delle fatture cedibili è di 5.000 euro e il costo medio totale sul valore nominale della fattura va dall’1% al 3%. L’impresa che richiede l’anticipo deve avere un fatturato di almeno 1,5 milioni di euro.

In 48 ore si riceve la liquidità richiesta con l’anticipo delle fatture anche grazie a WorkInvoice, sempre basata su un’asta. Ipotizzando un anticipo fatture da 9.000 euro, sempre con ottenimento del 90% dopo 2 giorni e del restante al pagamento del cliente, il costo totale è dello 0,85% con una commissione per WorkInvoice di 40 euro.

Fifty, invece, è la società nata dalla collaborazione tra Groupama Asset Management SGR e TESISQUARE, specializzata nelle soluzioni cloud per la supply chain. Vi possono accedere solo aziende che hanno siglato un accordo con il fondo di Groupama SGR.

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