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Investire in azioni: le “verità” di Goldman Sachs e di Credi... OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

I mercati hanno vissuto sei mesi da record. E ora? Gli analisti americani e svizzeri sono ottimisti. Perchè nell’eurozone è migliorata la situazione economica generale. C’è una maggiore flessibilità nelle politiche fiscali. La forza dell’euro non è più una minaccia. La crisi strutturale della valuta europea è risolta per il 70%. E poi: gli investitori sono molto cauti e questo rappresenta un segnale di acquisto. E, infine, le previsioni di crescita degli utili superano ...

Investire in azioni: le “verità” di Goldman Sachs e di Credit Suisse

C’è ottimismo sulle due sponde dell’Atlantico quanto alle prospettive di performance della più incerta (e potenzialmente più redditizia) classe di investimento finanziario: le azioni. I principali indici di borsa dei paesi sviluppati sono infatti reduci da un semestre molto favorevole, con un rialzo record dell’ S&P500 della borsa americana del 18,2%, una crescita del +7,13% del DJ Stoxx 600 delle grandi società europee e uno sciame di performance positive che vanno dal +9,02% del Dax di Francoforte, al +11,7% del Ftse 100 di Londra, al +8,65% del Cac 40 di Parigi, fino allo “stellare” +40,09% del Nikkei 225 di Tokio.

In questo panorama di buoni risultati (l’indice azionario globale Msci World è aumentato del +16,3% in valuta locale) contrasta il calo di quasi tutte le borse emergenti (- 10,9% il mitico listino di Shangai, - 4,3% l’indice Msci World delle borse emergenti in valuta locale) e la dolorosa stagnazione di Piazza Affari (+0,97% il Ftse Mib da inizio anno) e della borsa di Madrid (+1,4%). Che la festa stia volgendo al termine? La risposta a questo interrogativo da parte di due primari istituti finanziari globali, l’americana Goldman Sachs e l’elvetico Credit Suisse, è negativa.

Secondo i due colossi del credito e della finanza mondiale le borse hanno ancora considerevoli spazi di crescita sia su di un orizzonte di breve periodo, che sull’arco dei prossimi 12 mesi. Gli occhi dei grandi investitori sono poi puntati sull’Europa, la grande cenerentola dei mercati finanziari, che sta faticosamente tentando di uscire da una gravissima crisi strutturale (debito sovrano, stabilità dell’euro) e da una prolungata recessione.

Gli americani di Goldman Sachs hanno portato a “overweight (sovrapesare rispetto alla quota prevista dagli indici di riferimento) la porzione delle azioni europee in portafoglio. I prudenti svizzeri hanno invece abbandonato la posizione negativa (underweight) per spingersi ad un più realistico giudizio “neutral”. In sostanza gli gnomi di Zurigo suggeriscono agli investitori di detenere in portafoglio una quota di azioni europee pari (né più, né meno) rispetto a quella prevista dai maggiori indici internazionali, vale a dire circa il 15-18% del totale.

Goldman Sachs arrischia delle previsioni di rendimento a 3 e a 12 mesi. Secondo la banca americana l’indice Stoxx 600 delle grandi capitalizzazioni europee potrebbe fruttare un risultato positivo del 6% nel prossimo trimestre e addirittura del 17% sull’orizzonte dei prossimi 12 mesi. Non dimentichiamo che i risparmiatori dispongono di numerosi strumenti per accedere all’investimento azionario anche impegnando quote modeste di patrimonio: i veicoli principali, oltre all’investimento diretto sin singoli titoli, sono i fondi di investimento specializzati per aree regionali e per settori, e gli ETF, i fondi a gestione passiva che replicano le performance di (ormai) quasi tutti gli indici azionari geografici e di settore.
Ma soffermiamoci sugli elementi di fatto che stanno alla base delle valutazioni favorevoli all’equity (azionario) da parte degli strategist di Credit Suisse e di Goldman Sachs. ---- Il ritorno al profitto e la fine della recessione
“Abbiamo sempre creduto nella possibilità di una normalizzazione di lungo termine del mercato azionario europeo, soprattutto grazie alle basse valutazioni dei titoli e all’aspettativa di un rimbalzo ciclico dei margini di profitto”, scrive lo strategist di Goldman Sachs Anders Nielsen. “Contemporanemente”, aggiunge, “siamo stati a lungo convinti che le prospettive di crescita economica fossero troppo deboli per giustificare una sovra performance degli indici azionari europei. Ma adesso che la congiuntura economica si sta stabilizzando in paesi come la Francia, l’Italia e la Spagna la nostra previsione di un aumento degli utili societari del 6% nel 2013 giustifica il passaggio a un giudizio di “overweight sul comparto azionario”.

I sei punti del Credit Suisse
I mercati azionari europei, osservano gli analisti del Credit Suisse, hanno registrato da novembre del 2012 a oggi una performance del 3% inferiore rispetto alla media del mercato azionario globale. “A questo punto”, scrive lo strategist Andrew Garthwaite, “abbiamo deciso di innalzare il livello della quota di azioni europee in portafoglio per i seguenti motivi”:
Miglioramento della situazione economica generale
Per la prima volta dall’inizio del 2013 nel mese di luglio l’eurozona dà segnali positivi sotto il profilo di alcuni importanti indicatori macroeconomici.
Il portafoglio ordini delle imprese, un indicatore che tende ad anticipare l’andamento della crescita economica nel corso del trimestre, è al suo massimo degli ultimi due anni e dopo cinque trimestri consecutivi di andamento negativo segnala un possibile incremento del Pil dell’eurozona dello 0,5%.
Anche un indicatore come M1, ovvero l’aggregato principale della massa monetaria in circolazione è in linea con una previsione di aumento del Pil di circa l’1%.

C’è una maggiore flessibilità nelle politiche fiscali.
In questi mesi è stato deciso un rinvio di due anni per gli obiettivi di pareggio di bilancio di Italia e Spagna e un rinvio di un anno per l’Olanda. Inoltre l’Italia è uscita dalle procedure di sanzionamento per deficit eccessivo.
Importanti riforme vengono annunciate in Francia, un altro degli anelli deboli della catena dell’eurozona. Si tratta di un ampliamento dei crediti di imposta per le imprese, di una riforma del sistema pensionistico e dell’introduzione di meccanismi di maggiore flessibilità nel mercato del lavoro.

La forza dell’euro non è più una minaccia
Sebbene negli ultimi giorni il tasso di cambio dollaro/euro sia salito da 1,30 a 1,32 gli economisti del Credit Suisse hanno ridotto le stime sulla parità di cambio tra le due valute da un livello di equilibrio di 1,40 a 1,33 per i prossimi 12 mesi. Infatti, sebbene l’annunciata fine delle politiche monetarie espansive (quantitative easing) negli Stati Uniti possa spingere in favore di un rafforzamento dell’euro, il differenziale di crescita economia gioca a vantaggio di una ripresa del dollaro.

4) La crisi strutturale dell’euro è risolta per il 70%
Ancora molti passi restano da compiere per il rafforzamento definitivo della moneta comune europea, soprattutto sotto il profilo della creazione di un’unione bancaria e della creazione di un “prestatore di ultima istanza”. Tuttavia il meccanismo OMT (out right monetary transaction) messo in piedi dalla Bce rappresenta una prima soluzione all’esigenza che nel sistema economico europeo vi sia un garante finale della stabilità del sistema economico.

Gli investitori sono molto cauti e questo rappresenta un segnale di acquisto
I fondi azionari specializzati sull’area dell’euro hanno subito notevoli deflussi di fondi. Di conseguenza è possibile che vi sia un ritorno degli investitori sulle borse del Vecchio Continente, soprattutto perché la percentuale delle indicazioni “sell” (vendi) sui titoli azionari quotati è al minimo storico degli ultimi 10 anni.

Le previsioni di crescita degli utili superano le stime degli analisti
A marzo c’era stata una revisione delle stime degli utili annuali delle imprese. In pratica la previsione di aumento era diminuita da un +7% su base annua ad appena un +0,2%. Nelle nostre stime, tuttavia la riduzione è molto più contenuta e pensiamo che i profitti cresceranno almeno del 3,5%.

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