LONG LIFE 2016

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Parla l'etologo. L’anziano: la memoria storica del branco

Tra gli animali, qual è la considerazione nei confronti dell’anziano? Il loro comportamento è simile a quello dell’uomo? A spiegarlo è Enrico Alleva, dirigente di ricerca dell’ISS



L’anziano visto come saggio, portatore di esperienza. Detentore di una memoria storica che, inevitabilmente, chi è giovane non può ancora avere. Lo sanno bene le specie animali che sono solite vivere in branco.


A spiegare ai lettori di OF la concezione dell’anziano da parte degli animali, mettendola anche a confronto con quella della specie umana, è l’etologo Enrico Alleva, dirigente di ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità, dal 2008 al 2012 già Presidente della Società Italiana di Etologia


La concezione dell’anziano da parte degli animali

“Nel branco ciascuno ha un ruolo sociale”, spiega Alleva, “Prendiamo il caso delle matriarche per quanto riguarda gli elefanti oppure i primati. Se gli adolescenti sono utili per le grandi innovazioni, come l’individuazione di un nuovo cibo che si scopre essere commestibile, la concezione dell’anziano è molto simile a quella che ne ha l’uomo: i membri del gruppo più vecchi sono portatori di informazioni per il branco, dato che hanno vissuto più a lungo.


Lo si rileva in particolare in occasione di eventi rari, che non si verificano magari da numerosi anni, ad esempio lunghi episodi di siccità: gli anziani del gruppo sono coloro che si ricordano dove si può trovare una fonte d’acqua e che guidano il gruppo alla salvezza.


Conoscono inoltre tecniche sofisticate, in quanto già utilizzate e verificate, per uscire da determinate situazioni. Sempre gli anziani si occupano anche di assistenza e supporto per quanto riguarda i piccoli”. Lo si può riscontrare concretamente nel seguente video.



Così come per l’uomo, l’anziano è portatore di tradizioni, a partire dal modo di allevare i piccoli. In questi branchi “c’è dunque tolleranza nei confronti dei membri anziani e viene dato loro un supporto, per esempio per rispondere a determinate capacità fisiche che sono venute meno, come quelle olfattive per l’individuazione del cibo”, prosegue l’etologo, “Ci sono poi specie meno sociali, come i topi, per i quali lo “stare in gruppo” dipende più che altro dalla disponibilità di cibo in loco. Gli anziani tendono in questi casi ad essere più solitari”.


L’anziano nelle comunità umane

Questa la considerazione dell’anziano nei branchi di animali, dominata da una sorta di rispetto e di riconoscimento sociale. Qual è invece nella società moderna il comportamento della specie umana? Due sono le problematiche spesso connesse alla senilità, come spiega Enrico Alleva: “la solitudine e la salute, in particolare nelle grandi città e in relazione al trasferimento all’estero o comunque in altre parti del Paese da parte dei membri più giovani della famiglia.


Un contesto sicuramente diverso rispetto a quello dell’Italia rurale antecedente alla Seconda Guerra Mondiale”. Vero è che “ci si sta impegnando su vari fronti, anche attraverso il volontariato, perché gli anziani siano inseriti all’interno del tessuto sociale. Si dovrebbe investire di più in questo ambito: da un lato per una questione etica, per garantire loro un benessere psicofisico, dall’altro in quanto un anziano in salute non rappresenta un costo per lo Stato”.


A livello umano, poi, l’etologo sottolinea come sia importante che l’esperienza degli anziani venga trasmessa ai giovani. “Avendo alle spalle un lungo vissuto, sono in grado di trasmettere stili di vita e di spiegare come affrontare determinate situazioni, avendole già vissute in prima persona o già osservate”, conclude Alleva.

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