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SOMMARIO

Una tiroide, una vescica, una trachea e nuovi muscoli. Ma anche un cuore, due polmoni e un mini-fegato. E soprattutto, nuovi arti. Tutti artificiali, cioè creati in vitro dagli scienziati. La medicina rigenerativa, che ricostruisce tessuti e organi danneggiati, sta facendo passi da gigante. Ecco i successi più sorprendenti. E le speranze per il futuro

Long life 2/La salute. La fine delle grandi malattie della vecchiaia

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Una tiroide, un cuore e due polmoni, una vescica. Ma anche una nuova trachea e un mini-fegato. Oltre a nuovi muscoli. E soprattutto, nuovi arti. Tutti artificiali, cioè creati in laboratorio.

Nel corso delle ultime 4 generazioni (sulle circa 8.000 che si sono succedute nella storia), la vita media ha iniziato ad allungarsi in modo rapido e significativo. I miglioramenti dovuti a una nutrizione più sana e a una maggior attenzione all’igiene, sono stati affiancati dalle evoluzioni della ricerca medica, che hanno ridotto la pericolosità di malattie e ferite un tempo mortali.

Ma il progresso, si sa, è in continua evoluzione. Ecco perché, dicono gli esperti, c’è ancora spazio per un possibile sviluppo. In pratica: si può vivere ancora più a lungo. Alcuni, addirittura, ipotizzano che i nuovi nati di oggi potranno arrivare a spegnere la 150° candelina. Il merito è tutto delle nuove scoperte tecnologiche che, associate agli studi medici, stanno tentando di trovare una cura alle malattie più spaventose che ancora la medicina tradizionale non è riuscita a risolvere. Come l’Alzheimer, il cancro, il diabete.

L’aumento della durata della vita per gli esseri umani è […] quasi interamente dovuto a miglioramenti ambientali” , sostengono i ricercatori del Max Planck Institute, istituto di ricerca tedesco guidato dall'antropologo e biodemografo Oskar Burger, in un articolo (Human mortality improvement in evolutionary context) pubblicato sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academies of Science a settembre 2012, “[…] non è stato quasi certamente a causa di mutazioni genetiche”.

Burger e i suoi collaboratori, per dimostrare la loro teoria, hanno analizzato la longevità umana all’interno di un contesto evolutivo. Privilegiando, per lo studio, alcune popolazioni in particolare, come Svezia e Giappone. E hanno confrontato i dati sulla crescita con la durata della vita media delle popolazioni primitive. Le prime società di cacciatori-raccoglitori vivevano in media 30 anni. Molto più in là nel tempo, nel 1800, l’aspettativa di vita alla nascita di uno svedese era rimasta pressoché invariata e non superava i 32 anni. Nel 1900, invece, i nuovi nati in Svezia potevano ambire a toccare al massimo i 52 anni. Mentre oggi vivono tranquillamente fino a 82.

Medicina rigenerativa
Tra le tante sperimentazioni mediche attive, riscuotono il maggior successo quelle relative alla medicina rigenerativa. Quella particolare disciplina, cioè, che si occupa di studiare la biologia e le applicazioni delle cellule staminali per ricostruire tessuti danneggiati del corpo umano.
E che, di recente, è al centro dell’interesse generale grazie alla proclamazione dei Premi Nobel del 2012. Il Nobel per la Medicina, infatti, è stato assegnato a due scienziati: il biologo britannico John Gurdon e il giapponese Shinya Yamanaka, entrambi impegnati in studi e ricerche sulle cellule staminali. In particolare, Gurdon nel 1962 aveva dimostrato, con un esperimento sulle rane, che la differenziazione delle cellule è un processo reversibile. Mentre Yamanaka, a oltre 40 anni di distanza, nel 2006, è stato in grado di riprogrammare il genoma di queste cellule facendole così ritornare a uno stadio embrionale. In altre parole: queste cellule possono essere riprogrammate per trasformarsi in qualunque tessuto del corpo, rigenerando, quindi, tessuti e organi danneggiati, compromessi o malati, e rendendo al contempo curabili malattie che fino ad ora non lo erano. Come le malattie cardiache, quelle neurodegenerative (tipo Alzheimer e Parkinson), le ustioni, i traumi, la distrofia muscolare, il diabete ecc.

---- “Nuovi” organi artificiali
In questa direzione, fioriscono le applicazioni pratiche. E alcune sono già realtà. Un team congiunto di ricercatori del King College di Londra, dell'Università di Harvard e del Massachusetts General Hospital, per esempio, il 26 settembre 2012 ha pubblicato sulla rivista Science i risultati di una ricerca volta a prevenire il deterioramento del tessuto muscolare. Con l’utilizzo delle staminali, infatti, i ricercatori sono stati in grado di invertire il processo di deterioramento del muscolo dovuto all'avanzamento dell’età. Per ora ancora in fase sperimentale, lo studio si pone l’obiettivo di identificare le cause del declino della forza muscolare, in modo da riuscire, in futuro, a prevenire alcune malattie di atrofismo dei tessuti.

È sempre frutto dell’applicazione delle cellule staminali anche la prima tiroide creata interamente in provetta, nel 2012, dal Gruppo di ricerche facente capo alla belga Sabine Costagliola, della Libera Università di Bruxelles. Così come la prima trachea artificiale, già impiantata (pare con successo) su un paziente in carne e ossa circa 15 mesi fa da Paolo Macchiarini, del Karolinska Institutet di Stoccolma. Durante l’intervento la trachea, malata di tumore, è stata rimpiazzata con un organo ricostruito interamente in laboratorio, costituito da un'impalcatura artificiale sulla quale sono state fatte crescere le cellule staminali del paziente prelevate dal suo midollo osseo.

Nello stesso ospedale, a Stoccolma, Philipp Jungebluth ha già costruito un abbozzo di un cuore e di due polmoni. I medici dell’Università di Yale si sono occupati di creare il primo polmone umano da laboratorio. Mentre i ricercatori americani di Anthony Atala, dell’Istituto di medicina rigenerativa del Baptist Medical Center della Wake Forest University di Winston Salem, in North Carolina, già nel 2010 hanno costruito in laboratorio un mini-fegato umano ingegnerizzato. Ottenuto da una struttura animale di supporto, riempita con cellule umane.
Il team di medici di Atala, tra i più attivi in questo settore, nel marzo del 2011 ha presentato un esperimento, ancora in fase iniziale, che consente a una stampante 3D che fa uso di cellule viventi di fabbricare un rene trapiantabile. Una tecnologia simile a quella utilizzata, sempre da Atala, circa 10 anni fa quando ha impiantato in un paziente una vescica realizzata in laboratorio.

“Nuovi” arti
Anche gli arti, in carne e ossa, in futuro non costituiranno più un problema. Così come gli organi, infatti, potranno essere rigenerati ex novo. Senza impianti, protesi o impalcature artificiali. In caso di amputazioni, infatti, gli arti mancanti riusciranno a ricrescere da soli. In America è già successo. Anche se, l’esperimento ha coinvolto solo 1 centimetro di dito, per la precisione il dito medio della mano destra. Alan Spievack, chirurgo a Harvard e fondatore di Acell Inc. , infatti, produce nella sua azienda una polverina “miracolosa”, estratto della vescica di maiale, che contiene collagene ma non cellule, da utilizzare per curare ulcere, ferite e rigenerare cartilagini. Così, è bastato applicarla sul dito mancante ogni due giorni per quattro settimane per farlo ricrescere.

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