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Dialogo sulla previdenza. Risponde Intesa Sanpaolo OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

3 italiani su 4 sono ancora scettici. Ma, da quando la riforma Monti-Fornero ha peggiorato le condizioni della pensione pubblica, si è ritornati a parlare di previdenza complementare. Che permette di ottenere un assegno extra. Ma quali sono i rischi? Su quali prodotti è meglio puntare? Lo spiega a Of Andrea Lesca, Direttore Generale di Intesa Sanpaolo Previdenza

Dialogo sulla previdenza. Risponde Intesa Sanpaolo

Lo scetticismo è ancora elevato. Tanto che, ad oggi, solo 1 italiano su 4 ha aderito a forme di previdenza complementare. Ma, da quando è diventata operativa la riforma delle pensioni pubbliche, varata dal Governo Monti-Fornero a gennaio 2012, i prodotti di previdenza complementare hanno iniziato a riscuotere un successo crescente. Almeno in termini di attenzione. Soprattutto mediatica. Perché se la pensione non è più certa (come temono in molti) e l’assegno meno ricco, le strade alternative che potrebbero incrementare gli introiti mensili una volta concluso il ciclo lavorativo, iniziano ad assumere sempre più appeal.

Il sistema retributivo, infatti, calcolava l'importo della pensione nella misura del 2% sulla media dei redditi degli ultimi 10 anni di lavoro per i dipendenti e degli ultimi 15 anni per gli autonomi, moltiplicati per il numero di anni di contribuzione. Con il passaggio al contributivo, invece, il calcolo viene effettuato sui contributi effettivamente versati nel corso della vita lavorativa. L'ammontare, poi, verrà rivalutato in base all'indice Istat delle variazioni quinquennali del Pil e moltiplicato per un coefficiente di trasformazione variabile, in base all'età del lavoratore al momento della pensione. In poche parole: il rischio di ottenere un assegno più scarno di quello che si poteva portare a casa fino a due anni fa è concreto.

Cosa fare dunque? Si può puntare sulla previdenza complementare per rimpinguare la pensione? E quali prodotti sottoscrivere? Of-Osservatorio finanziario lo ha chiesto ad Andrea Lesca, Direttore generale di Intesa Sanpaolo Previdenza. Che ha spiegato vantaggi e svantaggi dei fondi pensione.

Of: Partiamo dai benefici…
Lesca: La consulenza, innanzitutto. Il cliente, una volta sottoscritto un fondo pensione, viene gestito da un consulente specializzato che lo segue durante tutto l’investimento fino al momento della prestazione. Sottoscrivere un fondo pensione è un po’ come fare un viaggio: ogni tanto ci si deve fermare e fare un pit stop di rifornimento e capire quanto è lontana la meta.

Of: E a livello di costi?
Lesca: Il vantaggio principale è quello fiscale. Sono garantite agevolazioni sia sui versamenti che sui rendimenti. Quindi sono previste agevolazione sia in fase di accumulo, cioè durante la vita lavorativa, sia in fase di erogazione, raggiunto il pensionamento, quando effettivamente si percepisce la rendita.

Of: Quali sono le agevolazioni fiscali previste in fase di accumulo?
Lesca: Secondo la normativa del 2007, i contributi versati, a carico del lavoratore e del datore di lavoro, sono deducibili dal reddito complessivo per un ammontare annuo massimo di 5.164,57 euro. Questo vuol dire che si avrà un risparmio minimo almeno pari al 23%, che è l’aliquota Irpef minima applicabile.

Of: Per fare un esempio?
Lesca: Consideriamo il caso di un lavoratore dipendente con reddito annuo di 45.000 euro. E supponiamo che voglia versare 1.000 euro all’anno, pari a una spesa di poco più di 83 euro al mese. In questo caso, con l’aliquota Irpef del 38%, si ha un vantaggio fiscale di 380 euro all’anno. Significa, quindi, che il versamento nel fondo pensione, pari 1.000 €, “costa” al lavoratore solo 620 euro. Inoltre, i rendimenti prodotti sono tassati con un'imposta sostitutiva agevolata dell’11%.

Of: Mentre durante la fase di erogazione della rendita…
Lesca: Una volta raggiuto il pensionamento, la rendita derivante dai contributi versati è tassata fino a un massimo del 15%. Ma questa aliquota si riduce in caso di permanenza prolungate nel fondo pensione, precisamente dello 0,30% per ogni anno di adesione eccedente il 15° fino un'aliquota minima del 9%. Inoltre, l’investimento nel fondo pensione risulta esente dall’imposta di bollo sul capitale accumulato.

---- Of: Si spieghi meglio…
Lesca: Per semplificare, prendiamo, per esempio, il caso ipotetico prima considerato, e supponiamo di arrivare all’età del pensionamento con una rendita di 1.000 euro. Considerando la tassazione del 15%, si avrà una ritenuta finale pari a 150 euro. Che sottratti ai 380 euro di vantaggio fiscale derivante della deducibilità fiscale, significano 230 euro complessivi netti di beneficio.

Of: Però il capitale non è garantito…
Lesca: Dipende dalle linee a disposizione del fondo pensione. Solitamente le forme previdenziali dispongono di più linee di investimento che l’iscritto può scegliere, in funzione della sua data di pensionamento (e quindi all’orizzonte temporale) e in accordo con i consigli del suo consulente. Per esempio, i nostri attuali prodotti previdenziali prevedono quattro diverse linee di investimento che utilizzano strumenti finanziari di natura azionaria, obbligazionaria e monetaria, in proporzioni variabili, sia in euro che in valuta. Hanno orizzonti temporali diversi e quindi rischi diversi.

Of: Allora si può davvero incorrere nel rischio di perdere il proprio patrimonio?
Lesca: Le probabilità di perdita del capitale sono scarse, in realtà, quando la scelta della linea di investimento è coerente con l’orizzonte temporale dell’iscritto. Inoltre consigliamo l’investimento in forma di piano di accumulo, attraverso versamenti ricorrenti che hanno il vantaggio di bilanciare gli alti e bassi del mercato. In più, abbiamo anche studiato altri sistemi per rendere meno rischioso l’investimento.

Of: Per esempio?
Lesca: Il Percorso Life Cycle, presente nei nostri prodotti, riduce il rischio finanziario in misura graduale all'aumentare dell'età e all'avvicinarsi della prestazione. In pratica si parte con una linea di investimento più rischiosa, stabilita in funzione degli anni mancanti alla pensione. E successivamente, attraverso switch automatici, si passerà attraverso le linee intermedie fino ad arrivare a quella a basso rischio. Lo spostamento non avviene in un’unica soluzione, ma in 24 mesi o 12 mesi grazie a una serie di ricollocazioni parziali che limitano gli impatti derivanti dalle oscillazioni dei mercati.

Of: Nonostante queste precauzioni però il mercato non sembra decollare…
Lesca: In effetti solo 1 italiano su 4 oggi ha aderito a forme di previdenza complementare. E’ pur vero che le forme di previdenza complementare sono state avviate in Italia da minor tempo rispetto a quelle della maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea. Inoltre tutte le recenti indagini evidenziano l’attenzione degli italiani al tema pensionistico e sulla necessità di integrare la pensione pubblica.

Of: E cos’è cambiato dopo la riforma Monti-Fornero?
Lesca: Il passaggio del sistema pensionistico dal retributivo al contributivo lanciato a partire dal 1° gennaio 2012 dal governo Monti-Fornero ha introdotto notevoli cambiamenti alla previdenza pubblica. Ma ha lasciato invariata la normativa della previdenza complementare così com’era stata “disegnata” nel 2007 che possiamo ritenere idonea a garantire un significativo sviluppo nel prossimo futuro.

Of: Però, magari, è accresciuta la paura di chi pensa che non riuscirà più ad avere una pensione…
Lesca: Il sistema contributivo, di fatto, calcola la pensione basandosi sull’ammontare dei contributi effettivamente versati e dalla crescita economica Italiana. È un sistema equo, che tiene conto della variabile principale legata all’allungamento della vita. Quindi, applicando la normativa, è naturale che si siano allungati gli anni di lavoro necessari per ottenere una pensione adeguata a cui sarà necessario affiancare una pensione integrativa privata.

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