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Chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

Su un orizzonte di 6 mesi, un anno, e durante i 20 mesi della crisi finanziaria internazionale, i fondi etici hanno reso di più rispetto ai fondi tradizionali, in ciascun comparto: azionario, obbligazionario e bilanciato. È quanto emerge da un’indagine commissionata agli analisti di Morningstar e pubblicata nel Secondo Rapporto sui Fondi Etici in Italia.

Chi ci ha guadagnato e chi ci ha perso

“Sgomberiamo subito il campo da un equivoco”, avverte Alessandra Viscovi, direttore generale di Etica Sgr: “l’attenzione alla responsabilità sociale e ambientale non nasce dalla filantropia, ma dalla necessità di proteggere l’investimento da pericoli e rischi eccessivi; un approccio che, non di rado, si è dimostrato premiante anche sul fronte dei rendimenti”. Lo confermano i risultati di una recentissima indagine realizzata dall'Osservatorio finanza etica in collaborazione con Morningstar e pubblicata all’interno del Rapporto Fondi Etici 2009, secondo cui durante i 20 mesi della crisi finanziaria scoppiata nell’agosto 2007, i fondi d’investimento etici avrebbero reso di più, in ciascun comparto – azionario, obbligazionario, bilanciato - rispetto ai fondi comuni tradizionali (guarda la tabella dei fondi che hanno reso di più durante il Credit Crunch). Ponendo a confronto fondi etici e non, si evince che tra il luglio 2007 e il gennaio 2009 i fondi obbligazionari socialmente responsabili hanno ottenuto un rendimento medio positivo pari allo 0,87%, a fronte del -2,05 totalizzato, nel complesso, dai fondi obbligazionari tradizionali. Nello stesso arco di tempo, i fondi bilanciati etici hanno ceduto, in media, il 12,66%, contro il -18,30% realizzato dal comparto, mentre i fondi azionari che si ispirano al Socially Responsible Investing hanno perso quasi il 30%, oltre tre punti in meno rispetto al -33,22% medio registrato dagli azionari globalmente considerati.

Anche in riferimento ad un orizzonte temporale più limitato, per esempio di un anno (guarda i migliori ad un anno), o sei mesi, l’investimento socialmente responsabile si è dimostrato premiante. Tra luglio 2008 e gennaio del 2009, mentre il comparto obbligazionario cedeva il 2,60%, i fondi etici guadagnavano l’1,48%. Se si considera l’intervallo gennaio 2008 – gennaio 2009, gli obbligazionari etici hanno comunque contenuto le perdite (-1,06%), a fronte di un risultato cinque volte più penalizzante registrato dal comparto nel complesso (-4,90%). In linea con l’andamento molto negativo dei rispettivi comparti, i fondi azionari e bilanciati che incorporano i principi di responsabilità sociale e ambientale hanno riportato perdite significative (vedi tabella) ma comunque inferiori, di circa 10 punti percentuali, rispetto alle medie di categoria, sia nell’orizzonte di un anno, che rispetto ad un intervallo di sei mesi.

“Centinaia di studi hanno affrontato il tema del rapporto tra responsabilità socio-ambientale e performance, ma non si è giunti a conclusioni univoche, anche perché”, chiarisce Silvana Signori, titolare del corso di Etica d'impresa e bilancio sociale presso l’Università di Bergamo e autrice di diverse pubblicazioni sul tema dell’investimento etico, “ogni ricerca parte da una diversa definizione di responsabilità sociale e questa ne condiziona, necessariamente, i risultati. Ciò detto, io ritengo che esista una correlazione tendenzialmente positiva, o per lo meno non negativa, tra la Corporate Social Responsibility e la performance, almeno nel medio-lungo termine”. In base a questa teoria, diversi analisti ritengono che un portafoglio caratterizzato da titoli di imprese con un buon profilo di responsabilità socio-ambientale, sia in grado di realizzare migliori performance. “Premesso che ogni generalizzazione rappresenta di per sé un tentativo di semplificazione, estendere l’analisi ad aspetti che integrano i parametri di natura prettamente finanziaria permette di ridurre i rischi dell’investimento: ne deriva che, ad esempio, i fondi etici non dovrebbero investire in strumenti finanziari particolarmente rischiosi”, conclude il docente.

“Se i fondi “etici” sono andati meglio è perché i gestori di quei prodotti sono stati accorti”, contesta Ettore Gotti Tedeschi, presidente di Santander Consumer Bank: “non hanno fatto meglio degli altri perchè sono stati "etici", ma solo perché hanno fatto investimenti meno rischiosi, non speculativi” (leggi l'intervista). “Non si può affermare che i fondi etici siano in modo sistematico più performanti degli altri, ma in un momento di crisi possono essere avvantaggiati perché”, chiarisce Dario Portioli, fund analyst di Morningstar, si trovano ad investire in settori più difensivi, anticiclici. Questo, però, significa anche che, in fasi di ciclo economico positivo, rischiano di realizzare rendimenti inferiori”. In ogni caso, la Corporate Social Responsibility si è spesso rivelata un fattore trainante in tema di risultati aziendali: “Si può evidenziare, ad esempio, come le imprese che sviluppano un sistema di corporate governance efficiente e trasparente tendano ad avere performance più elevate nel medio-lungo termine”. “Una cosa e’ certa però”, irrompe Mario Baronci, Responsabile Mercato Obbligazionario di Sella Gestioni Sgr: “è assodata la funzione di potente ed efficace filtro dell’approccio SRI. Un attento screening etico avrebbe scremato sia Enron che Parmalat, per citare casi storici. Per non parlare della cronaca e dei recentissimi casi di frode finanziaria”. L’analista di Morningstar cita, invece, un altro esempio, quello dei Paesi emergenti. “I titoli emessi da alcuni di questi Paesi sono stati particolarmente penalizzati durante la crisi. Numerosi fondi d’investimento etici escludono i Paesi emergenti, perché responsabili di sistematiche violazioni dei diritti umani, civili e politici. Questo potrebbe aver indirettamente premiato i portafogli etici rispetto agli altri”.

---- In definitiva, la buona performance di un fondo etico si spiega, prima di tutto, con la bravura del suo gestore. Questo contribuirebbe a spiegare perché, come rileva il Rapporto stilato dall’Ofe, anche tra i fondi che dichiarano di seguire una politica d’investimento socialmente responsabile, si riscontrino differenze sostanziali in termini di performance. Considerando il periodo luglio 2007-gennaio 2009, ad esempio, tre fondi obbligazionari etici su 11 hanno realizzato rendimenti superiori al 4 per cento (guarda i migliori durante la crisi). Tre fondi hanno ottenuto una performance negativa superiore al 4 per cento. Tutti gli altri hanno registrato guadagni compresi tra 1,5 e 3 punti percentuali. Quali strategie si sono dimostrate premianti durante i 20 mesi della crisi? “Innanzitutto, un livello abbastanza elevato di duration, il parametro che indica la sensibilità di un titolo al cambiamento dei tassi: in previsione di una politica monetaria espansiva da parte della Bce”, chiarisce Gianluca Ferretti, direttore investimenti obbligazionari di Bipiemme Gestioni, “con i tassi in caduta libera, il prezzo dei titoli in portafoglio è cresciuto sensibilmente”. La seconda ragione è l’assenza totale, fino al mese di agosto 2008, di titoli corporate, che ancora oggi hanno un peso molto limitato nel portafoglio titoli, attorno all’1,36%.

Una scelta condivisa anche dal Fabrizio Fiorini, gestore di Gestielle Etico Obbligazionario il fondo proposto da Aletti Gestielle che, tra luglio 2007 e gennaio 2009 ha guadagnato 5,27%. “Sebbene, tradizionalmente, la diversificazione tra titoli di Stato e corporate venga indicata come una strategia di successo, in questa fase abbiamo ritenuto che non fosse una politica premiante e così e stato”. “La buona performance dei nostri fondi è riconducibile anche ad altri fattori quali, ad esempio, l’assenza di Paesi che hanno subito un forte allargamento degli spread di rendimento, come per esempio la Svezia, il Portogallo e l’Austria, o che si sono trovati sull’orlo del default, come l’Islanda. Paesi che”, spiega Ferretti (BPM Gestioni), “hanno conosciuto un rapido deterioramento del proprio profilo di rischio, con ricadute significative sulle performance dei titoli in questione”. Analogamente, anche il forte sovrappeso della Germania che ha visto un restringimento degli spread, a seguito della cosiddetta “fuga verso la qualità” che ha caratterizzato i mercati nell’ultimo anno, ha contribuito a sostenere le performance. E nei prossimi mesi? Su quali titoli scommettete? “Noi punteremo ancora sui titoli di Paesi virtuosi, come la Germania e la Francia, o che si trovano in una situazione intermedia, come l’Olanda. Ma senza dimenticare l’Italia: perché”, conclude Fiorini (Aletti Gestielle), riteniamo che sia stata penalizzata fuori misura”.

All'interno del nostro universo etico investibile, potrebbero risultare interessanti i titoli di debito pubblico di Paesi come l'Austria e il Portogallo”, ribatte Ferretti (BPM gestioni). E per quanto riguarda i titoli corporate? “Uno dei settori che offrono prospettive molto interessanti è quello riferibile alle energie rinnovabili”, ribatte Baronci (Sella Gestioni): “il tema dell'acqua, molto di moda sino all'anno scorso, si e' rivelato in pratica non solo "trendy" ma anche efficacemente difensivo. Stiamo guardando con interesse anche al tema "wood": il problema e' che e', attualmente, troppo di nicchia, anche se l'ho acquistato per altri prodotti che seguo, come i fondi di fondi”. “L'elezione del nuovo Presidente degli Stati Uniti ha risvegliato l'interesse negli investimenti legati alle “energie alternative” che dovrebbe subire una forte spinta anche da un punto di vista di innovazione tecnologica”, ribadisce Mauro Costantini, responsabile Paesi emergenti azionari e fondi etici di Monte Paschi Asset Management. “I titoli legati all'energia eolica possono rappresentare una buona opportunità per partecipare a tale potenziale fermento. Vestas, società danese che produce turbine per la generazione di energia eolica, insieme a Gamesa, sempre nello stesso settore ma con sede in Spagna, possono essere due realtà da tenere in forte considerazione”.

BNP Paribas Asset Management scommette sui titoli farmaceutici e sul settore agroalimentare. “Tra gli altri stiamo valutando Danone e General Mills, Fresenius Medical Care e GlaxoSmithKline", annota Giordano Beani, di BNP Paribas Asset Management, direttore investimenti e responsabile della gestione di portafoglio del fondo BNL per Telethon. E mentre Fiorini (Aletti Gestielle) ritiene che, almeno per quanto riguarda la parte obbligazionaria, sia ancora presto per scommettere sui titoli corporate, Ferretti (BPM Gestioni) conclude: “il settore più attraente è quello finanziario, ma, su questo fronte, abbiamo le mani legate: in base alle valutazioni del nostro advisor etico, Eiris, è quasi totalmente escluso dall’universo investibile di riferimento. L’esclusione del settore finanziario dall’universo investibile”, conclude il direttore investimenti obbligazionari di Bipiemme Gestioni, “ci ha permesso di evitare i titoli tossici”. Risultato: i fondi Valori Responsabioli Monetario e Obbligazionario Misto hanno realizzato ottimi rendimenti netti, (rispettivamente il 5,21% e il 2,98% nel corso del 2008), superiori, in molti casi, ai risultati dei prodotti non etici. “Entrambi i fondi hanno conquistato i prestigiosi Lipper Fund Awards 2009 in termini di performance a tre anni nelle rispettive categorie e il fondo Obbligazionario Misto si è aggiudicato la “Tripla A” per i rendimenti a 1 anno da parte di Milano Finanza”, sottolinea Viscovi, (Etica Sgr).

---- Del resto, i fondi d’investimento socialmente responsabili hanno dimostrato di essere premianti anche su un orizzonte di 3 (guarda i migliori a tre anni)e 5 anni (guarda i migliori a cinque anni) ma solo nei comparti obbligazionario e bilanciato. Tra il gennaio 2006 e lo stesso mese nel 2009, il comparto bilanciato ha ceduto mediamente il 7,17% mentre, nel contempo, i bilanciati etici perdevano il 2,30%. Sull’orizzonte di cinque anni, i fondi etici e non hanno realizzato, invece, una performance speculare: più 0,75 gli etici, -0,75 i bilanciati. Risultati sovrapponibili anche in riferimento ai Fondi che investono in obbligazioni: mentre su un orizzonte di 3 anni, il comparto obbligazionario ha ceduto quasi l’1 per cento, i fondi di tipo SR hanno difeso un -0,15%. Analogamente, tra il gennaio 2004 e lo stesso mese del 2009, gli obbligazionari SRI hanno fatto meglio del comparto ma con uno scarto trascurabile (+ 1,41% contro +1,24).

Opposto l’esito del confronto sui fondi azionari. Mentre il rendimento a tre anni è tendenzialmente sovrapponibile (- 14,14 gli etici, - 13,49 il comparto azionario nel complesso), tra il gennaio 2005 e lo stesso mese del 2009 il divario si amplia: gli azionari nella media, hanno perso il 2,34%, mentre gli azionari socialmente responsabili cedono il doppio (- 4,76%). Per quale motivo l’investimento socialmente responsabile non ha performato meglio anche nel comparto azionario? Marco Seveso, gestore della parte azionaria dei fondi Valori Responsabili, ha una sua interpretazione. “Nel nostro caso, ad esempio, sono esclusi dall’universo investibile i settori finanziario, metals & mining e il settore Oil, tutti settori che su un orizzonte di 3 e 5 anni sono andati bene”. Prendiamo l’industria del metals & mining, esclusa dal portafoglio titoli per l’impatto negativo che i processi produttivi di questi settori possono esercitare sull’ambiente. “Il prezzo di un titolo come Vallourec, società francese specializzata nella produzione di laminati d’acciaio, è passato dai 19 euro del 2004 ai 237 della metà del 2006, per poi tornare ai 60 euro nel 2009. Ma anche titoli meno volatili come ENI e Saipem, hanno avuto un andamento altalenante: la quotazione di Eni, ad esempio, era a 15 nel 2003, è passata a 28 per poi tornare a 15”. Se è vero che gli etici hanno mediamente performato peggio rispetto al comparto azionario nel complesso, è anche perché i portafogli etici sono tendenzialmente più difensivi, e quindi anche meno volatili. “Il nostro portafoglio, ad esempio, sovrappesa i settori media, farmaceutico e dei servizi”, conclude Seveso. “Questo per evitare percorsi troppo altalenanti come quello seguito dall’indice DJ EUROSTOXX 600, passato da 300 nel 2004 a 500 e poi crollato a quota 120. Un andamento non dissimile da quello che ha caratterizzato il sottoindice dei finanziari (codice SX7P)”.

C’è anche chi ritiene che la spiegazione delle perfomance meno premiante degli azionari etici stia altrove: “Diversi prodotti “etici” collocati in Italia”, racconta ad Of un operatore, “rispondono ad un approccio ormai “antiquato”: utilizzano per lo più criteri negativi, quelli che escludono determinati settori come gli armamenti o l’industria pornografica, mentre l'analisi del gestore finisce spesso per trascurare i criteri positivi”. Come dire: se nel caso del comparto azionario i fondi etici non hanno fatto meglio rispetto alla media di categoria, forse è anche perché quella complessa e rigorosa analisi che permette di individuare le imprese "socially responsible" e che proprio nell'esame della compagine azionaria può incidere maggiormente ed avere ripercussioni più significative, in alcuni casi è venuta a mancare.

Vale la pena comunque sottolineare come l’ipotesi di un connubio virtuoso tra sostenibilità e rendimenti trovi conferma anche nell’andamento positivo degli indici etici. La performance del Domini 400 Social Index, ad esempio, il primo indice costruito sulla base di fattori sociali e ambientali, lanciato nel maggio del 1990 da KLD - società di ricerca e analisi indipendente specializzata nell'SRI, ha realizzato una crescita di quasi il 600% dal momento della sua nascita. Analogamente, un indice come l'FTSE Environmental Opportunities All Share, che misura la performance delle società attive nel settore delle tecnologie ambientali, è cresciuto del 300% tra il maggio del 2003 e la primavera del 2008.

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