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Vacanze online. Lettura: 100 alternative per turisti origina... OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

Quante forme di turismo esistono? Almeno 100. Parola di Mario Gerosa, caporedattore di AD Architectural Digest e docente di Multimedia e paesaggi virtuali presso il Politecnico di Milano, e di Sara Magro, direttore di The Travel News. Che raccontano tutte le alternative esistenti al classico viaggio nel libro “Nuovi Turismi” di Morellini Editore. In questo estratto scelto da Of-Osservatorio finanziario, le nuove frontiere del turismo digitale

Vacanze online. Lettura: 100 alternative per turisti originali

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Introduzione
Non si viaggia più come una volta


Nel 1994 la World Tourism Organization e le Nazioni Unite hanno classificato tre grandi forme di turismo: il turismo domestico, che riguarda gli spostamenti all’interno del proprio Paese; l’inbound tourism, che riguarda i visitatori che arrivano da un altro Paese; l’outbound tourism, che concerne i residenti che si spostano verso un certo Paese.
Nel giro di una quindicina d’anni le cose si sono complicate notevolmente. Quei tre tipi di turismo da allora si sono contaminati, intrecciati, sovrapposti, e adesso risulta veramente difficile incasellare le differenti tipologie. Soprattutto perché i tipi di turismo si sono moltiplicati, dando vita a una ricca tassonomia che riunisce decine e decine di modi diversi di viaggiare, dal turismo massimalista alla quasi negazione del turismo.
Ultimamente è cambiata proprio l’idea di viaggio. Non si viaggia più come una volta e si inventano forme di turismo nuove di zecca. Tutto è iniziato negli anni Ottanta, quando si cominciano a creare nuove destinazioni, cui mai si sarebbe pensato prima.
Fino agli anni Settanta, i generi del turismo si esaurivano grosso modo con la vacanza classica, coi viaggi nelle capitali, col Grande Nord, i safari in Africa, e l’America Coast to Coast. Negli anni Ottanta si varano nuove destinazioni, che si affiancano alle Seychelles e ai Caraibi, e scoppia la moda di Sharm el Sheik e delle Maldive. Qualche anno dopo si va oltre: non si inventano più nuove destinazioni. Si reinventa il turismo stesso.
Oggi non basta più parlare del turismo invernale delle settimane bianche, del turismo estivo delle vacanze classiche, del turismo di massa dei charter per Sharm el Sheik. Nel terzo millennio la moda vera è l’“Adjectival Tourism”, un turismo (apparentemente) di nicchia con tanti trend nuovi di zecca. Alcune sono categorie costruite a tavolino dagli accademici, altre invece sono nate sul campo, generate dalle esigenze di chi cercava qualcosa di diverso. (*)
Per definire il turismo, o meglio i turismi, bisogna creare una serie di aggettivi in progress che qualifichino i nuovi modi di viaggiare. Una volta c’era solo il Grand Tour, poi col tempo la rosa si è allargata a una decina di tipologie di viaggio. Adesso se ne contano moltissime, che giorno dopo giorno entrano prepotentemente nel mainstream, nella cultura e nel linguaggio comuni, oltre che nei tomi degli accademici. Insomma, il turismo sta cambiando. C’è stata un’esplosione che ha portato a una serie di modi differenti di viaggiare.
“La frammentazione degli studi sul turismo si riflette nell’uso del plurale nella rivista scientifica Tourism Geographies (1999) che non fa che riecheggiare il crescente interesse degli studi degli “adjectival tourism”. (**)
Per loro natura, i viaggi dei nuovi turisti appaiono più concentrati: oggi si sente il desiderio o il bisogno di fare degli “short break”. Non va più così di moda la lunga vacanza in un luogo di mare o in montagna, o il giro del mondo in crociera, ma si preferisce un soggiorno breve, che però deve essere molto caratterizzato, deve distinguersi nettamente dal viaggio classico. Anche per questa ragione sono nati i viaggi più curiosi che fanno parte dell’Adjectival Tourism (noto anche come “Specialty Tourism” o “Turismo specializzato”), dal soggiorno nell’ex carcere alla gita all’outlet, fino al weekend in orbita, con un viaggio nello spazio.
La genesi del turismo specializzato si deve a varie cause, ma soprattutto a un deciso cambiamento nei gusti e nella sensibilità della gente.
C’è stato un certo declino del turismo “sun and beach” (“sole e spiagge”) e si assiste a un crescente interesse del viaggio nei confronti del turismo. Poi, negli anni 2000 ci sono stati gli attentati terroristici e il problema della recessione, che hanno contribuito a modificare anche le abitudini dei viaggiatori. Sono nati viaggi economici o molto economici, e i voli low cost hanno reso più flessibile l’idea stessa del viaggio. Grazie ai prezzi dei voli più bassi, la gente ha iniziato a ingegnarsi per creare inedite combinazioni di viaggi creativi, cosa che era più difficile prima, quando le offerte più vantaggiose erano quelle dei pacchetti dei tour operator.

(*) Un’importante ricerca sulle varie categorie turistiche la sta sviluppando Alan A. Lew della Northern Arizona University.
(**) Christopher P. Cooper, Classic Reviews in Tourism, Clevedon, Channel View Publications, 2003, p. 146).
---- Il viaggio “fai da te” ora diventa un Meccano, un gioco di costruzioni in cui si mischiano in totale libertà destinazioni, mode e modi.
Ormai la necessità di andare da A a B è soltanto un pretesto per costruire il viaggio: non importano più il punto di partenza e la destinazione, ma quello che sta in mezzo, il tragitto, in una parola, il “come”. Ormai non si stupisce più nessuno parlando di destinazioni improbabili dai nomi esotici: la curiosità si deve solo al modo di viaggiare. Siamo nell’epoca della personalizzazione, dell’“on demand”. Tutto viene realizzato su misura, su indicazione del cliente: le scarpe da ginnastica, gli skateboard, le auto, i computer vengono resi unici e inimitabili grazie al tocco dell’utilizzatore finale, che si sbizzarrisce col suo estro e la sua fantasia. Da questa irresistibile tendenza non sono esenti i viaggi, che negli ultimi anni sono cambiati radicalmente.
Non parliamo dei “viaggi su misura” classici, quelli adattati dagli operatori delle agenzie di viaggio alle richieste dei clienti, cambiando una tappa o eliminando o aggiungendo una gita di due giorni. No, quelli sono comunque viaggi che rispettano i format dei cataloghi, anche quando si propongono come unici e originali. I viaggi dei neoturisti sono veramente inimitabili, perché frutto di una ricerca personale che si innesta su un modo di viaggiare già molto speciale senza essere però elitario.
Più difficile è capire perché si scelgono certi tipi di turismo. Come ha detto Adam R. Kaul, “talvolta i cultori delle scienze sociali hanno cercato di definire dei modelli nel caos apparente delle folle dei turisti per creare tassonomie di “tipi turistici”. Alla fine è diventata una specie di laboratorio artigianale. Nella letteratura scientifica è emerso un certo disappunto, soprattutto in riferimento alle metafore usate per descrivere il comportamento turistico (lo sguardo, la contemplazione, ecc.), su come creare queste tassonomie (modi di viaggiare versus motivazioni del viaggiare) e su quale tassonomia sia più corretta. Nella mia esperienza, solo molto raramente i turisti hanno un motivo per essere dove sono”. (***)
Un’altra novità riguarda gli stimoli che spingono a fare il viaggio. Alle riviste patinate si sono affiancati per esempio i film e la televisione. Quanta gente va a New York o a Cortina sull’onda dell’ultimo “cinepanettone”?

Funziona molto anche il teleturismo, con le Film Commission di regioni e Paesi che utilizzano film e sceneggiati come mezzo promozionale per il turismo, adottando come testimonial Don Matteo e Elisa di Rivombrosa. Senza contare i reality show, che hanno contribuito alla nascita e al rapido sviluppo del turismo catodico, che funziona meglio con divi ed ex-divi piuttosto che con i classici documentari.
A volte poi ci si lascia ispirare anche dal telegiornale: dopo l’11 settembre 2001, l’immaginario collettivo è stato profondamente turbato dall’attacco alle torri gemelle e si è sviluppato il cosiddetto Dark Tourism, il turismo oscuro, che contempla tra le sue sotto-categorie il turismo emozionale e il turismo nei luoghi dei disastri.
Di questi e altri viaggi, compresi quelli virtuali, negli universi sintetici, o sulle latitudini di Google Earth, parleremo in questo libro. Non parleremo invece del turismo sessuale, che riteniamo inflazionato e deplorevole, oltre che fuori moda.

(***) Adam R. Kaul, Turning the Tune. Traditional Music, Tourism and the Social Change in an Irish Village, New York-Oxford, Berghahn Books, 2009, p. 73

---- Capitolo 1
Viaggi virtuali (o Cyber turismo)
Il turismo virtuale è la nuovissima declinazione del turismo da fermi. Oggi, grazie agli universi sintetici, i mondi che esistono soltanto all’interno dei computer e si sviluppano negli spazi sconfinati del Web, è possibile compiere viaggi straordinari senza staccarsi dalla sedia. Il concetto è simile a quello presentato nel film Atto di forza: si scarica il programma di un mondo sintetico, ci si crea un avatar (la controparte per muoversi in uno scenario fatto di pixel), e si parte. La meta principe di questo tipo di viaggi è naturalmente Second Life (http://secondlife.com), il più famoso dei mondi virtuali. All’interno di questo universo immateriale si possono programmare migliaia di viaggi diversi: si può andare nell’antica Roma o in uno scenario fantascientifico, muoversi in un villaggio di ispirazione steampunk oppure vedere come sono i club di lap dance virtuali.
L’unico problema è che questi territori sono enormi e chi non ha dimestichezza con mouse e tastiere potrebbe avere un leggero disorientamento. A questo proposito, nel 2006 è nata Synthravels, la prima agenzia di viaggi per tour nei mondi virtuali, pensata per proporre itinerari ai quattro angoli degli universi sintetici, non limitandosi a quelli più in voga. Ma quale può essere l’interesse di un viaggio in un mondo virtuale? Perché scegliere una spiaggia artificiale di Twinity anziché prenotare una sdraio e un ombrellone a Gallipoli? Perché incamminarsi per finta nella Berlino virtuale invece di andare nell’Unter der Linden vera? Ha senso un viaggio in questi non-luoghi all’ennesima potenza? Sì, se si considerano i mondi virtuali come luoghi assolutamente originali, con una loro unicità, come luoghi dove si sviluppano culture autoctone e dove si può vedere qualcosa che non si trova nel mondo vero. Infatti, in Second Life si può visitare la replica virtuale della Pinacoteca di Dresda - con la possibilità di condividere le emozioni con un amico di Londra o di Pechino, anch’egli presente tramite il suo avatar – ma ci si può anche avventurare in luoghi immaginifici degni di Jules Verne o di China Mieville, lo scrittore più in voga di fantascienza urbana contemporanea.
Per quanto riguarda i mondi virtuali più famosi, ci sono anche guide e atlanti. Qualche anno fa è stata pubblicata la Guida turistica di Second Life, che riportava le destinazioni più gettonate. C’è poi anche un “turismo fai da te”, che fa largo uso delle guide - cartacee o pubblicate online - e viaggia a proprio rischio e pericolo. Sì, perché se in gran parte dei territori di un mondo come Second Life (dove merita una visita di una mezza giornata “Moya Land”, l’isola dell’artista francese Patrick Moya, che ha anche pubblicato una guida cartacea di 64 pagine) il turismo è sicuro, in altri universi sintetici si rischia di terminare il proprio viaggio ancor prima di averlo iniziato. Infatti nei mondi virtuali ideati come videogame bisogna poter contare su avatar molto evoluti per passare da un territorio all’altro: a ogni pie’ sospinto si rischia di fare brutti incontri e se non si ha un personaggio forte e robusto, di livello molto alto, si rischia di soccombere sotto i colpi di un avversario più dotato. Così può capitare di volere andare nella mitica isola di Deathifier, il milionario di Entropia Universe (www.entropiauniverse.com), e di trovarsi accasciati a terra appena sbarcati dal teletrasporto. Stesso discorso per chi frequenta i sobborghi malfamati di City of Heroes (www.cityofheroes.com) o le lande nebbiose di World of Warcraft (www.worldofwarcraft.com). Magari pianificate un viaggio alla scoperta delle meraviglie di Neocron (www.neocron.com) e invece vi trovate nelle grinfie di un cybercriminale che mette istantaneamente fine al vostro tour.
Una variante del turismo virtuale riguarda i viaggi nei videogame single-player. La differenza sostanziale è che nei viaggi negli universi sintetici si incontrano avatar di persone vere, nei single player, no. Però considerare un videogioco esclusivamente sotto il profilo dell’esplorazione è un’esperienza da fare assolutamente. Si possono scoprire gli inquietanti fondali sottomarini di Bioshock, i misteriosi luoghi di Syberia e fare un Grand Tour nelle città ad alto tasso di delinquenza della serie Grand Theft Auto.

---- Web surfing
Prima c’è stato il boom dei viaggi last minute, che fanno risparmiare un bel po’. Poi è stata la volta dei viaggi low cost, che fanno risparmiare molto. Ed ora è la volta dei viaggi no cost, dove non si spende praticamente niente. Non si spende perché non si va da nessuna parte, almeno non fisicamente. Si esplorano soltanto mappe su mappe, foto, video, link, post e descrizioni varie conservate nel web. Metaforicamente si surfa, ma in realtà si resta incollati alla sedia. È la versione 2.0 dei viaggi immobili, un fenomeno nato nell’Ottocento ai tempi del Viaggio attorno alla mia camera di Xavier de Maistre e tornato in voga negli ultimi anni, soprattutto grazie alle possibilità e alla forza propulsiva del web. Il viaggio no cost è l’estremizzazione radicale del viaggio programmato su internet: fino a qualche anno fa, il web serviva esclusivamente per scegliere, per confrontare e per acquistare il viaggio. Oggi si è andati decisamente oltre: su internet non si prenota più il viaggio, lo si fa. In questo caso, ci sono almeno due scuole di pensiero: c’è chi programma viaggi all’interno dei mondi virtuali, per scoprire tutte le curiosità di Second Life e le meraviglie di World of Warcraft, e chi invece predilige un tipo di viaggio più concettuale, da effettuare con Google Earth e Google Maps, straordinari strumenti che negli ultimi tempi si sono sostituiti ai classici atlanti di una volta. Google Earth presenta in tempo reale i territori del nostro pianeta, mentre Google Maps offre la possibilità di creare mappe tematiche.
Chi sceglie di viaggiare con Google Earth e Google Maps è l’erede ideale dei personaggi che un tempo si deliziavano a fantasticare sulle cartine e sugli orari ferroviari, immaginando percorsi complessi e avventurosi e che facevano più volte il giro del mondo senza spostarsi da casa. Google Earth è un sistema che, grazie a riprese satellitari, offre una rappresentazione dei territori di tutto il mondo in tempo reale. Molti suggerimenti si trovano già sulla directory della home page di Google Earth (www.google.it/gadgets), dallo “Skyscrapers Tour” al “Cathedral 3D Tour”. Google Maps invece è uno strumento per creare centinaia di atlanti su misura, in base ai propri interessi. Su queste mappe gli appassionati riportano una serie di dati per personalizzare le carte geografiche digitali. Così, posso avere una mappa del Veneto su cui sono evidenziati i punti nevralgici per gli appassionati di vini; poi, cliccando su quei punti, vengo rimandato a link che mi dicono tutto su un certo produttore, mentre con Street View, un altro programma, posso visitare virtualmente un certo luogo, guardandolo da varie angolazioni. Scoperta la metodologia, si passa al viaggio vero e proprio, che si può fare in due modi, o esplorando la mappa, o usandola come base per un viaggio nella realtà. Con Google Maps si possono fare moltissimi tipi di viaggi a tema: è sufficiente cercare sul web e poi iniziare a curiosare. Molto gettonata la mappa del Signore degli anelli (www.arda-online.com/map), così come quella di Harry Potter, ideali per curiosare tra gli highlights di film e bestseller; un altro must è la mappa dei luoghi del Codice da Vinci. Ma non meno interessanti sono le mappe che fanno riferimento ai videogame, come quella di Grand Theft Auto IV (http://maps.google.co.uk/maps). Non si tratta soltanto di mappe che fanno riferimento a luoghi reali: sul web è molto divertente fare un viaggio sulle carte geografiche digitali di World of Warcraft (http://mapwow.com), scoprendo le particolarità di molti luoghi immaginari prima di viverli con un viaggio “vero” in un universo sintetico.
Sempre su Google Maps, i luoghi legati ai Led Zeppelin, il leggendario gruppo rock di Stairway to Heaven: tra le locations c’è anche la residenza dell’occultista Aleister Crowley, vicino al Lago di Loch Ness, comprata e poi rivenduta dal chitarrista Jimmy Page.
Poi si può andare sul blog Google Maps Mania (http://googlemapsmania. blogspot.com) e scegliere un viaggio, lasciandosi ispirare dai post di matrice cultural geografica. Poi si può scorrere l’elenco di siti come http://keirclarke. googlepages.com/directory.htm e passare alla fase operativa, cliccando sui link che portano alle varie mappe. Vale la pena ricordare che, una volta che si è preso gusto a questo tipo di viaggio, si possono approfondire certe emergenze architettoniche prendendo spunto dal blog Google Sightseeing (http:// googlesightseeing.com), che comprende ponti, vulcani, stadi, location di film. Sul sito Google Earth Hacks (www.gearthhacks.com/) ci sono varie chicche, come la mappa di Pippi Calzelunghe a Taka-Tuka. Con Google Maps, poi, si possono individuare le location di Desperate Housewives, mentre con Google Earth si può zoomare su Wisteria Lane, per veder bene come è fatta la celebre strada.
Un must è anche l’isola di Lost, da esplorare palmo a palmo a passo di mouse. Infine, su Google Maps ci possono essere anche dei video “georeferenziati”: significa che a una certa indicazione su una mappa corrisponde anche un video girato in quel luogo.

---- Turismatica
Da qualche tempo tour operator, agenzie di viaggio e linee aeree si avvalgono notevolmente delle possibilità offerte da Internet. L’offerta è molto vasta: si spazia dai siti che vendono voli e viaggi a prezzi competitivi, fino a veri e propri social network di viaggi dove si possono condividere le proprie impressioni su un albergo o su una certa destinazione, e chiedere consiglio su un viaggio a chi frequenta quello stesso sito web. In tal senso, si tende a organizzare sempre più il proprio viaggio grazie all’utilizzo delle tecnologie informatiche. Un trend importante, che ha comportato anche la creazione del neologismo “turismatica”, composto da turismo e informatica. Questo termine indica un nuovo modo di fare turismo nell’era del web 2.0: infatti con l’avvento di una Rete legata alla condivisione e alla partecipazione, le potenzialità di Internet non si esauriscono nella possibilità di acquistare un biglietto senza muoversi da casa o di fare il check-in elettronico con il proprio computer. Grazie a siti come TripAdvisor, Venere.com o Expedia, è cambiato radicalmente il modo di promuovere le destinazioni e di organizzare il viaggio.

Tecnoturismo (o Flashpacker tourism)
Nell’immaginario turistico il giovane con lo zaino in spalla è l’emblema classico del viaggiatore. Personaggi simili se ne incontrano continuamente nelle stazioni e negli aeroporti di tutto il mondo. È l’icona di chi viaggia con pochi soldi ma con tanta voglia di conoscere nuovi luoghi e nuove culture. O almeno, era così fino a un po’ di tempo fa, perché adesso le cose sono cambiate. Fino a qualche anno fa si parlava molto di backpacking, cioè di turismo con lo zaino in spalla, un modo di viaggiare che continua a riscuotere grande successo ma che non è più di moda.
I giovani di oggi, i nativi digitali, quelli nati con Internet e con i mondi virtuali, non si riconoscono più nel turismo degli zaini pieni e dei portafogli vuoti. A questo proposito, nel sito Travoholic.com (www.travoholic.com) è stata definita acutamente la differenza fra Geeky Flashpacker e Minted Flashpacker, dove il primo tipo di viaggiatore punterebbe soprattutto sulla tecnologia spinta, l’altro, invece, coniugherebbe tecnologia e lusso. In poche parole, il Geeky Flashpacker preferisce stare in ostello pur d’avere il nuovissimo gadget di cui ha letto su Wired; il Minted invece si accontenta di un gadget di penultima generazione ma non rinuncia all’hotel di charme, dove chattare con gli amici di Facebook davanti al camino. Ma sono distinzioni minime: in generale va notato che i viaggiatori dell’era di Second Life, quando non visitano qualche universo sintetico, si muovono con un armamentario tecnologico che non fa rimpiangere la loro cameretta da geek, equipaggiata con ogni sorta di ritrovato tecnologico per essere sempre connessi con il mondo. E così sono nati i flashpackers, che sono sempre turisti con il mega-zaino d’ordinanza - quello che ostruisce i passaggi nei corridoi dei treni e che prende tre posti nel metrò - ma che hanno un approccio diverso con le cose da portar via per il loro viaggio. Il flashpacker in genere è un nomade abbiente che viaggia con più gadget tecnologici di un marine in missione: del suo corredo fanno parte lettori mp3, smartphone, iPad, videocamere digitali e computer portatili. I flashpacker amano essere “always on”, stare sempre connessi a Internet, e mentre viaggiano raccontano agli amici quello che fanno sui social network e sui blog, in modo da essere ben presenti nella community. E se la sera i backpackers (che in genere sono i loro padri e gli zii) si riunivano in spiaggia o nell’ostello per ascoltare il repertorio standard di quello che sapeva suonare la chitarra (in verità spesso non si andava molto oltre il giro di sol e di do), adesso i flashpackers si raccolgono attorno a quello che ha l’iPad dopo essersi ripresi tra loro con la videocamera per documentare in tempo reale su Youtube il loro viaggio.
Naturalmente il computer portatile, l’iPhone, l’iPad e la videocamera digitale sono gli accessori di base del flashpacker, che per dirsi un vero viaggiatore tecnologico necessita di tutta una serie di accessori, che vanno dalle bussole elettroniche ai navigatori satellitari di ultima generazione. Cospicuo e in continua evoluzione il corredo di applicazioni per lo smartphone. A puro titolo di esempio, citiamo alcune applicazioni imperdibili per l’iPhone, da Zevisit, per programmare gite turistiche in realtà aumentata, a Foursquare, il social network del perfetto esploratore urbano, da Trip Journal, per organizzare il proprio diario digitale di viaggio, a “Sorties Métro Paris”, per trovare sempre l’uscita giusta nella metropolitana della Ville lumière. Per essere veramente aggiornati sulle novità in fatto di viaggi tecnologici, si può tener d’occhio il sito Vagabondish (www.vagabondish.com), una “travelzine per il vagabondo di oggi”, che spesso ha una sezione per chi vuole viaggiare all’avanguardia. Curiosando nello zaino hi-tech del flashpacker possiamo trovare il GPS Photo Tagger, uno strumento indispensabile che serve per identificare il luogo esatto in cui è stata scattata una foto, in modo da non sbagliare quando la si carica su Google Maps. Poi, oltre ai coltellini svizzeri con 84 strumenti diversi, tutti utilissimi (tra cui l’immancabile chiave USB), ci sono le tastiere laser, ideali perché non prendono spazio, visto che sono semplici proiezioni di luce, ottenute da un piccolo gadget che farebbe impallidire anche Tom Cruise di Minority Report. Seguono i wi-fi detector, che servono a individuare immediatamente i luoghi migliori in cui collegarsi a Internet, gli apparecchietti per improvvisare un barbecue elettronico e i “trackstick”, gadget pensati per tracciare col GPS i percorsi effettuati durante il viaggio. Ma il vero must per i flashpackers è il “voltaic backpack”, uno zaino a pannelli solari molto ecologico e molto cool, che fa decisamente sfigurare gli zaini classici di una volta.

© 2011 Morellini Editore
By Sicom s.r.l.
Via De Sanctis, 35 – 20141 Milano
Titolo dell’opera: Nuovi Turisimi
Pag. 9-19

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