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Stop ai fondi tossici, crescono quelli sani OF OSSERVATORIO FINANZIARIO

SOMMARIO

I fondi etici non sono tutti uguali ma, mediamente, hanno performato meglio rispetto ai fondi comuni tradizionali. È quanto emerge dal Secondo Rapporto sui Fondi Etici in Italia, che classifica i migliori prodotti d’investimento socialmente responsabili in Italia ed include un’analisi sulle performance dei fondi realizzata in collaborazione con Morningstar.

Stop ai fondi tossici, crescono quelli sani

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Dici “titoli tossici” e pensi ai mutui subprime americani, cartolarizzati ed impacchettati ad arte in prodotti finanziari sempre più opachi, venduti ai banchieri di mezzo mondo prima di finire, da ultimo, anche nelle tasche di molti piccoli risparmiatori. Pensi anche alla sorte toccata ad alcuni grandi colossi della finanza internazionale - Lehman Brothers, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bear Stearns e Merrill Lynch, travolti dalla crisi e scomparsi dal palcoscenico privilegiato (e deregolamentato) delle banche d’affari: perché falliti, acquistati da altri gruppi o declassati, come Goldman e Morgan Stanley, a “semplici” banche commerciali; costretti ad accettare l’assoggettamento a regole e controlli più severi pur di sopravvivere, rivendicando il diritto al sostegno garantito dal governo americano ad ogni altra banca commerciale.

Ma esiste anche una finanza diversa. Più “sana”, se proprio non la si vuol chiamare “etica”. “A me sembra che, soprattutto negli ultimi mesi, “Etica” sia diventata la parola del marketing”, chiosa Ettore Gotti Tedeschi (leggi l’intervista). D’accordo, forse per qualcuno la finanza etica non esiste, è una semplice utopia. Ma certamente esistono fondi d’investimento etico, o per meglio dire, socialmente responsabili. Fondi che integrano i tradizionali parametri di natura finanziaria con criteri “etici”, per selezionare le società più “solide”, quelle che rispettano l’ambiente e non violano i diritti umani e dei lavoratori; o magari escludono l’industria degli armamenti e le società poco trasparenti.

“Sgomberiamo subito il campo da un equivoco”, avverte Alessandra Viscovi, Direttore Generale di Etica Sgr (leggi l’intervista), l’unica società di gestione del risparmio che, in Italia, propone esclusivamente fondi d’investimento socialmente responsabile: “L’attenzione alla responsabilità sociale e ambientale non nasce dalla filantropia, ma dalla necessità di proteggere l’investimento da pericoli e rischi eccessivi; un approccio che, non di rado, si è dimostrato premiante anche sul fronte dei rendimenti”. “Sono molto scettica sulla generalizzazione di ogni relazione tra comportamenti socialmente responsabili e performance” avverte Silvana Signori, titolare del corso di Etica d'impresa e bilancio sociale presso l’Università di Bergamo e autrice di diverse pubblicazioni sul tema dell’investimento etico (ascolta il contributo audio). Ciò non toglie che, come dimostra l’indagine condotta dall’Osservatorio finanza etica in collaborazione con Morningstar, e pubblicata all’interno del Secondo Rapporto sui Fondi Etici in Italia, i fondi SRI abbiano dimostrato di essere premianti rispetto ai fondi tradizionali, soprattutto durante la crisi finanziaria internazionale (guarda la tabella) .

---- Come distinguere l’etica utilizzata dal marketing di cui parla Gotti Tedeschi, da quella che mette al riparo da fallimenti eccellenti e scandali finanziari? Secondo il Rapporto Fondi Etici 2009, una soluzione c’è: “Abbiamo sviluppato un sistema di rating etico che permette di differenziare i fondi d’investimento “etici solo nell’etichetta” - quelli che, a dispetto del nome, sono quasi indistinguibili da fondi comuni tradizionali - da quelli che adottano specifiche politiche d’investimento socialmente responsabili”, si legge nel Rapporto di Ofe (leggi e guarda la tabella con la classifica dei fondi più etici). Come dire: l’eticità non può rimanere un concetto astratto, un generico indefinibile principio ispiratore da seguire solo nelle dichiarazioni d’intenti dei gestori. Deve tradursi in nomi. Nomi che si leggono, per esempio, nell’elenco delle imprese entrate nel portafoglio dei fondi Valori Responsabili nel corso del 2008: dalla Novo Nordisk, azienda farmaceutica danese impegnata “in un ottimo dialogo con gli stakeholders – in particolare con i sindacati”, e responsabile di una “ottima politica ambientale”, secondo Eiris. Alla portoghese Edp Renovaveis, specializzata nello sviluppo di energie rinnovabili. All’inglese Cadbury¸ che produce e distribuisce bevande, ma, secondo le analisi sulla CSR (Corporate Social Responsibility), senza rinunciare alla riduzione del consumo di acqua e delle emissioni di CO2.

Ci sono le imprese buone, e quelle meno buone. “Nel corso del 2008, una delle aziende italiane che sono state segnalate per il coinvolgimento in controversie internazionali è Telecom Italia, condannata per pratiche anti concorrenziali a danno di Vodafone”, racconta Federico Pezzolato, CSR Analyst di Vigeo, società di consulenza sociale ed ambientale di cui, tra gli altri, si avvalgono in Italia BNP Paribas Asset Management e Aureo Gestioni. Stesse accuse rivolte anche alla Fiat di Marchionne, il cui rating socio-ambientale è penalizzato anche a causa di un tasso di incidenti sul lavoro piuttosto elevato. Interessante anche il caso di Eni: “Tra le varie controversie, la multinazionale è stata ripetutamente accusata di pratiche anti concorrenziali e corruzione, violazione delle norme che tutelano l’ambiente, e di aver ostacolato lo sviluppo socioeconomico delle comunità locali in Nigeria”.

“Da sempre escludiamo le grandi società finanziarie dal nostro paniere etico”, ricorda Viscovi (Etica Sgr). “In base ai nostri criteri, non passano la selezione: sono imprese che hanno punteggi ampiamente inferiori alla sufficienza, per la scarsa trasparenza nella destinazione degli investimenti”. Ecco i voti che Eiris - società di consulenza di cui Etica Sgr si avvale per selezionare i titoli da inserire in portafoglio - aveva attribuito, in tempi non sospetti, ai big di Wall Street: Bear Stearns 1,4; Lehman Brothers: 2; Morgan Stanley: 3,3, Goldman Sachs: 3,7; Freddie Mac: 3,94, Washington Mutual: 4,04; Fannie Mae: 4,57; AIG: 4,57; JP Morgan: 4,9. Tutte pagelle molto brutte che non trovano riscontro, è il caso di ricordarlo, nei giudizi espressi dalle agenzie di rating internazionali, poi accusate di essere direttamente o indirettamente complici del sistema perverso che ha innescato il terremoto finanziario.

Molti analisti si giustificano dicendo che era impossibile prevedere il fallimento della grande banca d’affari. “Ma non si potevano ignorare i rischi”, irrompe Beppe Scienza, docente di Metodi e modelli per la pianificazione economica presso l’Università degli Studi di Torino (leggi l’intervista): “Già a fine 2003, nella prima edizione del mio libro “Fondi, polizze e Parmalat. Chi è peggio?”, confrontavo due prestiti indicizzati all’inflazione, uno della Francia e uno della Lehman Brothers e scrivevo: “Badare al rating dello Stato francese è superfluo: alla scadenza la Francia esisterà e pagherà puntualmente i suoi debiti. Che i fratelli Lehman nel 2013 esistano ancora, come società, è invece incerto…”. E mentre il professore giungeva a quelle conclusioni sulla base di un ragionamento prettamente finanziario, fondato sul rischio e sull’inaffidabilità dei rating, qualcun altro andava ripetendo che un certo tipo di finanza stava generando veri e propri mostri di opacità. Come William Somplatsky-Jarman, una vita a metà tra la carriera ecclesiastica e la gestione di un portafoglio titoli eticamente orientato, il reverendo che, in anticipo di quattro anni rispetto al fallimento di Lehman Brothers (era il 2004) presentò una risoluzione per conto della ICCR (leggi l’intervista)chiedendo alla banca d'affari americana di sviluppare procedure di analisi più rigorose sui prestiti e sui partner responsabili dello sviluppo di pratiche "predatorie" nell'erogazione di mutui subprime ad alto rischio.

Anche gli analisti di Vigeo, avevano segnalato una serie di controversie nelle quali la banca d’affari americana risultava immischiata: dalla vecchia storia di riciclaggio che coinvolse un broker Lehman nel 2005, ai problemi di trasparenza, fino a quelle pratiche “predatorie” nell’erogazione di mutui subprime di cui parla anche la risoluzione del reverendo William. “Questo contribuisce a spiegare perché Lehman avesse un rating più basso rispetto alla media del settore finanziario”, sottolinea Pezzolato (Vigeo).

---- Ma la finanza socialmente responsabile non è tanto materia per reverendi agguerriti in nome di una finanza “religiosa”, quanto, piuttosto, “un approccio sempre più diffuso anche tra gli analisti finanziari”, ha dichiarato Gregorio de Felice, presidente AIAF - Associazione Italiana Analisti Finanziari, a margine di un seminario sulla crisi. Non è un caso se, lo scorso mese di giugno, in occasione di una conferenza a Parigi sull’investimento sostenibile, l’Effas (European Federation of Financial Analysts Societies) , associazione europea che riunisce oltre 14mila società di analisi finanziaria, annunciava l’adozione di criteri ambientali, sociali e legati alla governance aziendale a fianco dei tradizionali parametri di natura finanziaria.

Nel frattempo, il mercato dei fondi d’investimento etici cresce a ritmi serrati. Una recente indagine condotta da Eurosif, European Social Investment Forum, un gruppo pan-europeo che comprende fondi pensione, fornitori di servizi finanziari, centri di ricerca e ONG, calcola che il mercato europeo del Sustainable and Responsible Investment abbia raggiunto i 2.665 miliardi di euro, con una crescita del 102% in due anni, fino a raggiungere il 17,6% del patrimonio gestito nel vecchio continente. In Italia, i numeri sono molto più piccoli. Secondo Assogestioni, il patrimonio totale investito in fondi etici sarebbe di 1,2 miliardi di euro a febbraio 2009, pari allo 0,3% di quanto complessivamente investito nei fondi aperti (388 miliardi di euro), sebbene alcuni indicatori facciano ipotizzare una crescita significativa del comparto nei prossimo anni (leggi l’intervista).
Quali sono i migliori fondi etici in Italia? Come sono costruiti? Quanto rendono? E dove si possono sottoscrivere? A tutte queste domande risponde lo Speciale Fondi Etici di Of-Osservatorio finanziario.

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